Novità e cosa c’è da sapere sul mondo dell’Osteopatia.

Sport, esercizio fisico e mal di schiena: l’osteopata consiglia

Soffri di mal di schiena ma non sai quale sport od esercizio fisico sia più adatto per le tue esigenze?

E’ abbastanza comune questo dubbio, in quanto su internet si dice tutto ed il contrario di tutto…per non parlare poi del sentito dire! Questo perché ognuno ha la propria opinione a riguardo, spesso senza una base scientifica.

Vediamo quindi quali consigli può darti l’osteopata, ma tieni comunque conto che tutto quello che leggi sul web va filtrato e soprattutto va adattato alle proprie esigenze fisiche e mentali.

Qual è il miglior sport per il mal di schiena?

Se segui il mio blog saprai già che la domanda, così posta, non è poi proprio corretta! E allora ti starai chiedendo “perché l’ha inserita nell’articolo?” Semplicemente perché è una delle domande che vengono poste maggiormente da chi vorrebbe intraprendere un percorso di mobilità fisica attiva.

Andiamo quindi a capire quale possa essere lo sport migliore per te, facendo però prima una grande premessa!

Quando parlo di mal di schiena mi riferisco ad un qualcosa che possa rientrare in una definizione di “normale” e non a persone che presentano ad esempio una sciatica importante con forti segni neurologici (dolore e formicolio molto importante che non permettono lo svolgimento delle classiche attività quotidiane) per la quale è indicata quantomeno una visita dal neurochirurgo. Altri esempi di patologie per le quali è meglio avere un parere medico sono sicuramente una stenosi importante del canale vertebrale, piuttosto che una spondilolistesi (scivolamento vertebrale in avanti: anterolistesi – scivolamento vertebrale indietro: posterolistesi).

Entriamo ora un po’ più nello specifico della domanda: la prima cosa che chiedo ai miei pazienti è “quale sport ti piacerebbe fare”? Perché è inutile spendere soldi, energie e tempo se poi si sa già di non portare a compimento il programma.

Quindi consiglio loro di provare sul campo per poter capire la risposta del proprio corpo ai movimenti richiesti.

Il nuoto fa bene alla schiena? La corsa fa male? Sfatiamo qualche tabù con l’osteopata!

  • Nuoto: credo che il 95% delle persone presenti sulla Terra abbia detto la seguente frase “fai nuoto che fa bene alla schiena!”, ma in realtà non è proprio così! Innanzitutto il nuoto è composto da più stili, quindi la rana ad esempio potrebbe far bene ad una persona che ha bisogno di migliorare la mobilità della colonna lombare in estensione, ma meno bene a chi ha la gobba di bisonte con sovraccarico cervicale; per non parlare poi di eventuali problematiche meniscali a livello di ginocchio che possono essere esacerbate. Questo ragionamento va fatto per tutti gli stili di nuoto e cucito addosso al paziente. Ma mi dissocio dal chi dice “se hai mal di schiena vai a fare nuoto” in quanto consiglio troppo superficiale.
  • Corsa: come per il nuoto, chi non ha sentito la frase “correre fa male alla schiena”? Anche qui dobbiamo distinguere quantomeno due circostanze, ovvero un disco intervertebrale sano ed un disco intervertebrale sofferente (discopatia). Sulla discopatia ci sarebbe da aprire un altro capitolo e quindi ti lascio approfondire l’argomento sul mio sito con l’articolo discopatia degenerazione discale ed osteopatia. In linea generale un disco sano serve proprio per assorbire i carichi ed ha bisogno di sollecitazioni in compressione, mentre un disco lesionato potrebbe soffrire le compressioni date dalla corsa come specificato in letteratura, ma comunque ci sono svariati casi di persone con ad esempio una protrusione che riportano un miglioramento della sintomatologia.
  • Sollevamento pesi: i soggetti cosiddetti “palestroni” risultano soffrire meno di problematiche alla schiena rispetto a chi effettua altri sport.

In linea generale, trovo molto interessante una revisione del 2019 presente in letteratura che riferisce come la camminata, la bici ed il nuoto in pazienti con mal di schiena cronico lombare non portino a differenze sostanziali rispetto a chi non fa nulla.

Quindi è utile stare fermi sul divano?

Assolutamente no, perché le posizioni mantenute (stare seduti o in piedi fermi creano una forte compressione sul disco intervertebrale)! Anche il riposo a letto è sconsigliato, tranne che in caso di sciatica (approfondisci l’argomento leggendo il mio articolo su mal di schiena e riposo!). La ricetta corretta, escluso ovviamente chi pratica sport a livelli importanti, è “fallo, ma con moderazione! Questo perché non esiste una metodica migliore di altre e la persona va incoraggiata nel fargli fare gli esercizi che gradisca per migliorare così l’aderenza terapeutica.

In ultimo, riprendendo sempre la letteratura scientifica, il pilates è  risultato essere il migliore nella riduzione del dolore e della disabilità, anche se altre tipologie di esercizio hanno avuto dei risultati incoraggianti: per la riduzione del dolore, oltre al pilates, anche il body mind ed esercizi sul core, mentre per il miglioramento della disabilità il rinforzo muscolare in associazione sempre al pilates ed al rinforzo del core.

 

Sei alla ricerca di un osteopata a Segrate? Sei interessato a trattamenti di osteopatia per sportivi?

Contattami! Sono un osteopata diplomato che opera a Milano e Segrate.

 

REFERENZE

 

Fernández-Rodríguez, R. et al. (2022) ‘Best exercise options for reducing pain and disability in

adults with chronic low back pain: Pilates, strength, core-based, and mind-body. A network meta-

analysis’, Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy, 52(8), pp. 505–521.

doi:10.2519/jospt.2022.10671.

 

Pocovi, N.C. et al. (2022) ‘Walking, cycling, and swimming for nonspecific low back pain: A

systematic review with meta-analysis’, Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy,

52(2), pp. 85–99. doi:10.2519/jospt.2022.10612.

Andare dall’osteopata risulta essere doloroso?

Soffri di dolore da tanto tempo e ti sei finalmente convinto nel prenotare la tua prima seduta dall’osteopata?

Hai però paura che il trattamento manipolativo osteopatico possa essere doloroso perché hai letto su internet che si può provare dolore durante una seduta dall’osteopata?

Prima di pensare a come il tuo corpo possa rispondere alla manipolazione osteopatica ti consiglio però di leggere il mio articolo su come si svolge la prima vista osteopatica!

Il trattamento osteopatico è doloroso?

Se segui il mio blog da tempo avrai capito che risulta molto difficile riuscire a dare una risposta univoca nel campo dell’osteopatia; in realtà risulta essere lo stesso anche in medicina.

Nel caso specifico del dolore, risulta complicato in quanto i fattori da prendere in considerazione sono davvero tanti; tra questi non si può non citare il fatto che esistano due grandi categorie di dolore, quello acuto e quello cronico, che sono completamente diverse tra di loro e che richiedono quindi un approccio specifico a seconda della condizione dolorosa presente. Se il dolore acuto è di più facile comprensione, perché spesso è la conseguenza di un trauma, quello cronico è composto da molte più variabili, ma se vuoi approfondire l’argomento leggi il mio articolo su il dolore cronico ed osteopatia!

Inoltre va tenuta in considerazione l’eventuale patologia alla base del dolore di cui soffre il paziente, e non meno importante, la percezione del dolore.

E’ bene specificare che il paziente si reca in studio per la maggior parte delle volte con il dolore già presente e quindi risulta improbabile che il trattamento sia proprio indolore; però l’osteopata può utilizzare un ampio bagaglio di tecniche, cercando di rispettare la sintomatologia del paziente!

Caso opposto, invece, quello in cui il paziente si reca dall’osteopata per un controllo senza una sintomatologia alla base; in questo caso la seduta di osteopatia può anche essere vista come un momento di relax e di conseguenza l’eventuale dolore, oltre ad essere minore, può essere percepito come dolore buono.

Come ci si sente dopo la prima seduta di osteopatia?

Dopo una manipolazione osteopatica si può avvertire dolore: normalmente, in letteratura, vengono descritti due giorni post trattamento di dolori diffusi, a volte anche solo stanchezza, piuttosto che un temporaneo peggioramento della sintomatologia.

Tutto ciò non va però inteso in maniera errata, in quanto rappresentano la risposta del paziente al trattamento stesso!

Come sono solito spiegare dopo la prima seduta al paziente, meglio dei dolorini nei primi giorni post trattamento che nessun cambiamento nella sintomatologia; questo perché, una volta passati, normalmente si ha un miglioramento della sintomatologia.

Infine, non è raro che il paziente avverta subito dopo, quando ancora presente in studio, una sensazione di leggerezza della zona trattata.

 

Ti aspetto nel mio studio di Osteopata a Segrate o Milano per un consulto! Contattami per un appuntamento!

 

Cistite: può l’osteopatia esserti d’aiuto?

Ultimamente hai riscontrato un bruciore durante la minzione associato ad un bisogno persistente ad urinare in piccole quantità? Potrebbe essere  una cistite!

 

Lo sai che l’osteopatia potrebbe esserti d’aiuto?

Come dici? Non ne eri a conoscenza? Ebbene si, l’osteopatia può essere una valida terapia integrativa al trattamento standard  basato sulla somministrazione di antibiotici, specialmente in quei casi in cui l’infezione è recidivante portando il paziente a soffrire di cistiti ricorrenti!

Che cos’è la cistite?

Con il termine cistite si indica un’infezione, perlopiù batterica, della vescica.

In alcuni casi può anche essere una conseguenza sia dell’utilizzo di prodotti per l’igiene intima irritanti sia di alcuni farmaci.

Quali sono le cause della cistite?

La causa più comune di cistite è data dal batterio Escherichia Coli presente normalmente nell’intestino, il quale nella maggior parte dei casi raggiunge la vescica passando per via esterna ed attraversando l’uretra, il canale che permette il deflusso dell’urina dalla vescica verso l’esterno. Essendo l’uretra femminile più corta di quella maschile, risultano essere maggiormente le donne a soffrirne.

Quali sono i sintomi di una cistite?

  • Aumentata frequenza nell’urinare
  • Urinare in piccole quantità
  • Bruciore nell’urinare
  • Eventuale presenza di sangue nelle urine
  • Sensazione di pressione nell’area del piccolo bacino
  • Febbre (non sempre presente)

L’osteopatia è utile in caso di cistite?

Assolutamente si! Prima però di approfondire l’argomento è bene specificare come la terapia antibiotica sia quella più praticata, ma che a lungo andare può portare a problematiche di antibiotico resistenza, ovvero quando l’antibiotico non ha più effetto per colpa dell’uso eccessivo.

E’ quindi buona cosa cercare di integrare con metodiche alternative, tra le quali troviamo appunto l’osteopatia ma non solo!

Per capire come il trattamento osteopatico possa essere d’aiuto ad una persona che soffre di infezioni ricorrenti alla vescica bisogna un attimo fare un breve excursus anatomico:  l’urina si forma nel rene a seguito del filtraggio del sangue nel rene stesso.

 

Risulta quindi di fondamentale importanza la mobilità del rene durante la respirazione diaframmatica (in inspirazione il rene scende ed in espirazione il rene sale). Tale movimento è guidato dal muscolo psoas che in osteopatia viene definito il binario del rene (approfondisci l’argomento con il mio articolo sul mal di schiena e psoas)! Quando ci troviamo in presenza di un aumento della pressione addominale, in associazione ad una ridotta tenuta del comparto anteriore muscolare addominale, la fascia renale che avvolge il rene non riesce più bene a mantenere in sede il rene stesso e questo comporta una tensione a livello sia dell’uretra che degli ureteri.

Lo scopo dell’osteopata sarà sicuramente quello di normalizzare la fascia renale e di ripristinare un equilibrio pressorio addominale in modo tale da ridurre le tensioni a livello dell’uretere e migliorare la meccanica del flusso di urina.

 

Sei interessato a trattamenti di osteopatia viscerale?

Ti aspetto nel mio studio di Osteopata a Segrate o Milano per un consulto! Contattami per un appuntamento!

Plagiocefalia ed osteopatia: può il trattamento osteopatico essere d’aiuto nelle deformazioni craniche del neonato?

Con il termine plagiocefalia si intende una deformità cranica tipica degli infanti che colpisce maggiormente la regione occipito-parietale. Tale asimmetria cranica colpisce il cranio in maniera unilaterale e può trovare giovamento con delle sedute di osteopatia.

Che cos’è la plagiocefalia?

La plagiocefalia fa parte di una serie di anormalità della forma del cranio chiamate dismorfismi che colpiscono il neonato nei primi mesi di vita in quanto le ossa del cranio risultano essere ancora “morbide” e di conseguenza maggiormente influenzabili da alcuni posizionamenti che il bambino mantiene: si parla infatti di plagiocefalia posizionale, da non confondere con problematiche molto più gravi quali la sinostosi, processo in cui avviene la fusione prematura di una o più suture craniche.

Rimanendo in ambito di disfunzione posizionale, oltre alla plagiocefalia esistono altre due tipologie di deformità craniche:

  • Plagiocefalia: forma del cranio a parallelogramma
  • Brachicefalia: cranio piatto posteriormente
  • Scafocefalia: cranio molto stretto

Quali sono le conseguenze di una plagiocefalia?

E’ importante non trascurare una deformità funzionale del cranio in quanto non rientra semplicemente in un discorso estetico: infatti è possibile che questo porti in futuro il soggetto a soffrire ad esempio di problemi nel linguaggio piuttosto che di problemi oculari quali l’astigmatismo.

E’ da tenere inoltre in considerazione come un’asimmetria della parte posteriore del cranio possa ripercuotersi a livello facciale e quindi, di conseguenza, anche a livello dell’articolazione temporo-mandibolare con problematiche masticatorie.

Quando portare il neonato dall’osteopata per la plagiocefalia?

Abbiamo appena visto come il cranio sia “deformabile” nei primi mesi di vita; questa caratteristica può essere sfruttata dall’osteopata per poter indurre dei cambiamenti proprio a livello craniale con più facilità soprattutto nei primi 6 mesi di vita, ma ancora meglio intorno al 2°-3° mese di vita. Questo perché a livello cranico sono presenti delle strutture, chiamate fontanelle, che servono per permettere un’espansione del cervello e del cranio stesso e che si richiudono tra i 3 ed i 18 mesi a seconda della fontanella presa in considerazione. Oltre alla presenza di articolazioni craniche, le suture presentano una grande quantità di cartilagine articolare e quindi sono più elastiche rispetto all’adulto.

Quindi, la regola principale per un buon trattamento osteopatico in caso di plagiocefalia è “prima è, meglio è”!

Quali accorgimenti utilizzare per ridurre la plagiocefalia?

Esistono degli accorgimenti da attuare in caso di plagiocefalia, complementari al trattamento osteopatico, ovvero:

  • Se il bambino risulta essere sveglio, fargli assumere una posizione che gli permetta di non appoggiare sempre la testa dallo stesso lato, come ad esempio posizionarlo prono (pancia in giù), ma con la presenza di un genitore
  • Se il bambino dorme, cercare di non posizionarlo con la testa sempre dallo stesso lato ed eventualmente ruotargli la testa dal lato opposto
  • Se il bambino gioca, cercare di posizionare i giochi in modo tale da stimolarlo a girare la testa dal lato non preferenziale
  • Se il bambino mangia, cercare di utilizzare delle prese leggermente diverse ove possibile e di nutrirlo da entrambi i seni

In cosa consiste il trattamento osteopatico  per la plagiocefalia?

In primis è buona cosa consigliare ai genitori di attuare i rimedi sopra citati, qualora non fossero stati indicati dal pediatra.

Quindi risulta fondamentale, oltre alla manipolazione del cranio, ridare una corretta mobilità al tratto cervicale, a livello del quale vi sono delle importanti connessioni da parte della dura madre che va poi ad inserirsi a livello dell’osso sacro.

Spesso si associa a plagiocefalia il torcicollo: sarà quindi importante andare a svolgere delle tecniche di rilascio miofasciale sia della muscolatura cervicale quale i muscoli sub-occipitali, gli scaleni, lo sternocleidomastoideo (SCOM) sia della muscolatura della spalla, visto il legame presente tra le due zone.

 

Il tuo bimbo ha bisogno di aiuto? Vieni a scoprire i trattamenti osteopatici per neonati!

 

Morbo di Osgood Schlatter ed osteopatia

Tuo figlio ha sofferto di dolore alle ginocchia e lo specialista ha effettuato una diagnosi di Morbo di Osgood Schlatter, ma non sai ancora bene di cosa di tratta? Ti è anche stata consigliata l’osteopatia?

Prima di approfondire l’ambito osteopatico andiamo a scoprire che cosa si intende per morbo di Osgood Schlatter!

Che cos’è il morbo di Osgood Schlatter?

Il morbo di Osgood Schlatter, conosciuto anche come osteocondrosi della tuberosità tibiale, è una patologia che provoca dolore anteriore a livello del ginocchio, nella zona di inserzione del tendine rotuleo sulla tibia.

Tale morbo colpisce prettamente i giovani tra i 10 ed i 15 anni perlopiù maschi e sportivi, in quanto la tuberosità tibiale risulta essere ancora non completamente ossificata e quindi immatura; ciò fa si che non sia ancora pronta alle sollecitazioni del muscolo quadricipite con conseguente eccessiva trazione sull’apofisi tibiale stessa che va incontro ad infiammazione; la sintomatologia può essere bilaterale e colpire quindi entrambe le ginocchia.

E’ importante però precisare che tale patologia non presenta ripercussioni future sulla funzionalità del tendine rotuleo o del ginocchio più in generale.

Quali sono i sintomi del morbo di Osgood Schlatter?

I sintomi maggiormente presenti risultano essere gonfiore e dolore localizzato a livello dell’apofisi tibiale.

In rari casi è possibile trovare delle calcificazioni intra-tendinee a livello del tendine del quadricipite ed in piccolissima percentuale, nei casi più gravi, si può arrivare alla frattura della tuberosità tibiale; tale complicanza risulta essere estremamente rara.

Terapia dell’osteocondrosi di Osgood Schlatter

E’ bene precisare come tale sintomatologia sia passeggera e si risolva in maniera spontanea, ma nel mentre è consigliato effettuare una terapia conservativa basata su:

  • Riposo dalle attività che inducono il dolore (molto spesso lo sport)
  • Stretching del muscolo quadricipite per migliorarne l’elasticità
  • Ghiaccio 3-4 volte al giorno per 15 minuti (ti sei sempre chiesto se sia meglio il caldo o il freddo? Leggi il mio articolo su caldo e freddo: l’osteopata consiglia!)
  • Antinfiammatori ed antidolorifici (ibuprofene e paracetamolo)
  • Eventuale utilizzo di un tutore

E l’osteopatia può essere utile in presenza di Osgood Schlatter?

La letteratura scientifica riferisce come gli sportivi sottoposti a trattamenti di osteopatia tendano a soffrire in maniera minore di disfunzioni a livello del ginocchio in generale (vuoi approfondire l’argomento? Leggi il mio articolo sulla sindrome femoro-rotulea!).

Nello specifico, per quanto riguarda questo tipo di osteocondrosi, il trattamento manipolativo osteopatico è risultato fondamentale per permettere agli atleti di non interrompere l’attività agonistica.

Alla luce dei dati appena descritti risulta interessante inquadrare l’osteopatia come preventiva in modo tale da permettere lo svolgimento dell’attività sportiva in totale sicurezza!

 

Sei alla ricerca di un osteopata a Milano? Lo sapevi che pratico anche Osteopatia a Segrate?

Chiamami per fissare un appuntamento!

Caldo e freddo: l’osteopata consiglia

Quanti di voi si sono chiesti, dopo aver subito un trauma o a seguito dell’insorgenza di un dolore, “è meglio mettere il caldo o il freddo?”. La risposta non è così semplice come possa sembrare! Vediamo cosa dice la letteratura scientifica e cosa ne pensa l’osteopata!

Crioterapia o termoterapia: cosa dice la letteratura

Le strategie di trattamento non farmacologico per le lesioni muscoloscheletriche acute hanno l’intento di ridurre il dolore e di promuovere la guarigione al fine di facilitare il ritorno alla normale funzione e attività. La terapia del caldo (termoterapia) e del freddo (crioterapia) sono spesso utilizzate per tale scopo, anche se vi è un’importante confusione  su quale modalità (caldo vs freddo) usare e quando usarla.

La maggior parte delle raccomandazioni per l’uso della crioterapia e della termoterapia si basano sull’esperienza empirica, con prove limitate a sostegno dell’efficacia di modalità specifiche.

  • Crioterapia

La crioterapia risulta essere più efficace se applicata dopo una lesione od un trauma come ad esempio una distorsione di ginocchio o di caviglia, piuttosto che uno strappo muscolare.

Gli effetti fisiologici della terapia del freddo comprendono la riduzione del dolore, la vasocostrizione (riduzione del calibro del vaso sanguigno con conseguente riduzione del flusso sanguigno), la riduzione dello spasmo muscolare e dell’edema infiammatorio (raccolta di liquido durante l’infiammazione che porta a gonfiore).

Le strutture che vanno maggiormente incontro a fenomeni infiammatori sono i tendini, tra cui il tendine di Achille, i tendini dei muscoli estensori del polso durante l’epicondilite (non hai mai sentito parlare di epicondilite? Leggi il mio articolo su epicondilite ed osteopatia!) ed i tendini dei muscoli della cuffia dei rotatori della spalla.

Esistono prove limitate a sostegno dell’uso della terapia del freddo a seguito di lesioni muscoloscheletriche acute e indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata quali i DOMS (non sai a cosa mi sto riferendo? Approfondisci l’argomento leggendo il mio articolo sul perché fanno male i muscoli dopo l’allenamento!).

  • Termoterapia

Gli effetti fisiologici della terapia del calore includono sollievo dal dolore, aumento del flusso sanguigno con conseguente maggior ossigenazione dei tessuti, del metabolismo e dell’elasticità dei tessuti connettivi. Esistono prove complessive limitate a sostegno dell’uso del calore locale in generale; tuttavia, è stato dimostrato come la terapia con bendaggi termici fornisca sia una riduzione a breve termine del dolore e della disabilità nei pazienti con lombalgia acuta sia un sollievo dal dolore significativamente maggiore del DOMS rispetto alla terapia del freddo. Oltre a ciò è bene sottolineare come il caldo possa essere utile anche in caso di artrosi ed in presenza di una semplice contrattura muscolare; in questi ultimi due casi non è raro infatti che il paziente riferisca sollievo durante una doccia calda.

In generale permane comunque la necessità di approfondire gli effetti della termoterapia e della crioterapia sul recupero da lesioni muscoloscheletriche acute e DOMS.

Caldo e freddo: il punto di vista dell’osteopata

Abbiamo appena visto come non vi sia una linea guida specifica nell’utilizzo del caldo e del freddo.

E’ sicuramente buona cosa non utilizzare il freddo in problematiche muscolari, in quanto potrebbe portare all’aumento della contrazione muscolare con conseguente aumento della sintomatologia. Molti pazienti sono infatti soliti coprirsi il tratto cervicale per evitare di avere mal di testa causato da una contrattura della muscolatura cervicale da freddo.

E’ però consigliato usare il freddo in maniera repentina dopo un trauma (es. distorsione) per evitare che si crei un importante processo infiammatorio che possa poi mantenere la sintomatologia per più tempo del necessario.

Infine è importante utilizzare il ghiaccio con delle applicazioni brevi ma ripetute, come ad esempio metterlo 5 minuti e toglierlo 2 e ripetere l’operazione per un massimo di 3 volte, questo per permettere un miglior deflusso sanguigno nella zona colpita ed evitare un principio di congelamento dei tessuti a contatto con il freddo.

Per quanto concerne il caldo, esso viene consigliato per ridurre le contrazioni muscolari e quindi trova una vasta applicazione nelle lombalgie e nelle cervicalgie.

Caldo e freddo sono degli ottimi strumenti di cura naturale che vanno integrati in un contesto di manipolazione osteopatica; sarà poi l’osteopata a consigliarti nello specifico come utilizzarli, perché come non esiste un protocollo standard di trattamento osteopatico, non esiste un protocollo standard sull’utilizzo della crioterapia e della termoterapia.

Ti aspetto nel mio studio di Osteopata a Segrate o Milano per un consulto! Contattami per un appuntamento!

Dolore al gomito: epicondilite ed osteopatia

Soffri di un dolore al gomito? Una delle principali cause dolore al gomito potrebbe essere l’epicondilite, o gomito del tennista; ti stai domandando se l’osteopatia possa esserti d’aiuto? Scopriamolo insieme!

Tale patologia è dovuta ad un’infiammazione dei muscoli estensori del carpo e delle dita che prendono origine dall’epicondilo, protuberanza ossea situata a livello dell’omero nella parte esterna del gomito stesso.

Pensi che l’osteopatia possa essere utile? Nella maggior parte dei casi assolutamente si!

Dolore al gomito: epicondilite ed osteopatia

Quali sono i sintomi dell’epicondilite?

Normalmente il dolore è localizzato nella parte esterna del gomito a livello dei tendini dei muscoli estensori del polso  e delle dita, soprattutto quando questi muscoli vengono attivati durante un’estensione del polso. Qualora la sintomatologia fosse importante è possibile che il dolore sia presente non più solo a livello dei tendini, ma anche un po’ più in alto proprio sull’epicondilo, oltre a scendere nell’avambraccio; può essere presente dolore a riposo ed eventualmente notturno, segno classico dell’infiammazione (non sai cosa si intende per infiammazione? Leggi il mio articolo su infiammazione ed osteopatia). Oltre al dolore è spesso presente anche una perdita di forza anche solo nello stringere in mano oggetti di piccole dimensioni o ad esempio nell’aprire il tappo di una bottiglia.

Dolore al gomito: gomito del tennista

Quali sono le cause di epicondilite?

Nella maggior parte dei casi la causa è dovuta ad un sovraccarico funzionale, ovvero ad un uso eccessivo e continuativo dell’articolazione del gomito e dei muscoli prima citati, così come a dei microtraumi ripetuti o ad un danno diretto.

L’attività professionale o sportiva porta questi soggetti ad eseguire movimenti ripetuti che alla lunga possono portare ad infiammazione locale:

  • Tennis: può sicuramente essere una causa, ma il termine “gomito del tennista” potrebbe trarre un po’ in inganno! E’ vero che possono soffrirne i tennisti, ma è bene precisare che quelli di alto livello normalmente non ne soffrono in quanto riescono a colpire la pallina con un movimento pulito che non va a stressare la muscolatura estensoria del polso. Per contro i principianti, soprattutto durante il movimento di rovescio, possono portare ad un allungamento eccentrico di tale muscolatura con conseguente infiammazione dei tendini.
  • Altri sport con la racchetta: badminton, squash o padel (vuoi approfondire come l’osteopatia possa essere utile per i giocatori di padel? Leggi il mio articolo su osteopatia e padel!)
  • Sport da lancio: disco, giavellotto…
  • Musica: suonare il violino
  • Attività lavorative: i soggetti maggiormente colpiti da gomito del tennista possono essere coloro che svolgono movimenti ripetuti quali i dentisti, chirurghi, idraulici, muratori, falegnami e chi lavora tanto al computer ed utilizza il mouse ecc…

L’osteopatia è utile in caso di dolore al gomito causato da epicondilite?

L’osteopatia fa parte della terapia cosiddetta conservativa, come può esserlo la fisioterapia, ed è sicuramente efficace nel ridurre i sintomi quali il dolore al gomito legato ad un gomito del tennista o epicondilite mediante manipolazione articolare diretta dell’articolazione del gomito, rilascio dei tessuti molli articolari quali la muscolatura interessata, i tendini e la capsula / legamenti.

Dolore al gomito: manipolazione osteopatica

L’osteopata non si limita però ad una manipolazione locale, bensì va a valutare ed eventualmente trattare tutto l’arto superiore (spalla e polso) oltre ad integrare il tutto con manipolazioni della colonna cervicale, dorsale ed eventualmente stretto toracico superiore.

Qualora  non vi fosse risposta alle manipolazioni, allora è possibile che lo specialista quale l’ortopedico raccomandi delle infiltrazioni articolari di cortisone al gomito per sfiammare in profondità i tendini e, nel caso peggiore, l’intervento chirurgico.

Nella maggior parte dei casi può essere utile utilizzare un tutore da mettere al gomito per ridurre il sovraccarico muscolare e velocizzare la guarigione.

 

Sei alla ricerca di un osteopata a Segrate? Sei interessato a trattamenti di osteopatia per adulti?

Contattami! Sono un osteopata diplomato che opera a Milano e Segrate.

Neuroma di Morton: può l’osteopatia essere utile?

Il neuroma di Morton (o neurinoma di Morton) è una patologia neurologica a carico del piede e deriva dall’incarceramento del nervo interdigitale principalmente tra secondo e terzo dito, ma spesso anche tra terzo e quarto, con conseguente infiammazione ed ingrossamento della guaina che ricopre il nervo stesso; vuoi sapere se l’osteopatia può essere utile? Scopriamolo insieme!

 

Neuroma di Morton: può l’osteopatia essere utile?

Il nervo interdigitale plantare altro non è che la parte terminale del nervo sciatico che arriva fino al piede e si biforca in più parti per andare ad innervare le dita.

Vuoi sapere se l’osteopatia può essere utile? Scopriamolo insieme!

Quali sono le cause che portano all’insorgenza del neuroma di Morton?

Come spesso accade, risulta difficile evidenziare delle cause precise; però sono state effettuate varie ipotesi a riguardo tra le quali:

  • Presenza di alluce valgo
  • Piede cavo
  • Iperpronazione del piede
  • Utilizzo prolungato di calzature coi tacchi e/o strette
  • Traumi ripetuti come ad esempio in sport quali il calcio, la danza, la corsa…(vuoi approfondire l’argomento corsa? Leggi il mio articolo su infortuni ad anca e bacino nei corridori

Colpisce maggiormente persone di mezza età tra i 40 ed i 50 anni e per lo più donne.

Quali sono i sintomi del neuroma di Morton?

Il neurinoma di Morton si manifesta come un importante dolore, spesso definito lancinante e urente (bruciore), a livello della parte anteriore del piede ovvero l’avampiede; nello specifico più a carico del secondo-terzo dito ma anche terzo-quarto dito.

Come si fa diagnosi di neuroma di Morton?

Esiste un test, il segno di Mulder, in cui si vanno a comprimere lateralmente i metatarsi creando una compressione a livello del nervo; il test è positivo quando si riproduce la sintomatologia del paziente, ovvero dolore e/o formicolio a livello della zona in cui è presente l’incarceramento del nervo, ma anche alle dita.

E’ anche possibile effettuare una digito pressione tra secondo-terzo e terzo-quarto metatarso sempre per cercare di rievocare la sintomatologia neurologica.

Neuroma di Morton: test di Mulder

Inoltre, la risonanza magnetica è in grado di vedere se vi è o meno la presenza del neurinoma.

L’osteopatia è utile in caso di neuroma di Morton?

I pazienti con neuroma di Morton raramente vengono indirizzati alla terapia fisica.

Non vi è molta letteratura scientifica a riguardo, sia per quanto riguarda l’osteopatia sia per quanto riguarda la terapia manuale in generale, ma i risultati riferiti da questi pochi studi però riportano dei miglioramenti della sintomatologia da neuroma di Morton in seguito a trattamento osteopatico: normalmente vi è una diminuzione del dolore, un aumento della soglia del dolore in seguito a pressione localizzata ed un miglior funzionalità del piede in toto e dell’arto inferiore. Da non sottovalutare inoltre un miglioramento nella catastrofizzazione del dolore, parametro molto importante da non sottovalutare in un dolore cronico.

 

Cerchi un Osteopata a Segrate? Sei interessata a trattamenti di osteopatia in gravidanza?

Contattami!

Osteopatia ed acufeni

Soffri di acufeni e ti stai chiedendo se l’osteopatia possa esserti utile? Dipende dal tipo di acufene, ma prima di vedere cosa può eventualmente fare l’osteopata andiamo a vedere quali caratteristiche ha questa patologia.

Cosa sono gli acufeni?

Gli acufeni si riferiscono ad una falsa percezione del suono in assenza di stimoli uditivi esterni. Tale percezione può assomigliare, nella maggior parte dei casi, ad un ronzio, un fischio, un sibilo, una pulsazione o addirittura ad uno schiocco. L’osteopatia potrebbe aiutarti, ma l’argomento è molto complesso!

L’acufene è una patologia sottovalutata, ma in realtà colpisce tra il 20% ed il 25% circa della popolazione, portando ad una riduzione della qualità della vita dei pazienti: l’osteopatia ha come scopo quello di cercare di migliorare proprio la qualità di vita, ma ciò dipende dal tipo di acufene.

 

Classificazione degli acufeni

Possono essere continui o sporadici, possono colpire un orecchio ed essere quindi monolaterali, oppure possono colpire entrambe le orecchie e quindi essere bilaterali.

Osteopatia ed acufeni: orecchio interno

Inoltre possono essere classificati in soggettivi ed oggettivi.

  • Acufene oggettivo: è causato da un rumore generato all’interno del corpo e poi trasmesso all’orecchio, come può avvenire per uno spasmo del muscolo tensore del timpano che si ripercuote poi all’interno dell’orecchio stesso
  • Acufene soggettivo: sono dei fenomeni definiti “fantasma” in quanto rientrano nelle allucinazioni acustiche. Addirittura i suoni possono essere percepiti all’interno del cranio.

Quali sono le cause che portano all’insorgenza degli acufeni?

Le cause che portano all’insorgenza degli acufeni non sono imputabili solo ad una problematica legata all’orecchio e, come spesso capita, non è possibile trovare una singola causa.

E’ possibile però considerare i cosiddetti fattori di rischio quali un semplice accumulo di cerume o l’aterosclerosi (indurimento e formazione di placche di colesterolo nei vasi) dell’orecchio interno.

Anche l’età avanzata, molto probabilmente in relazione a quanto appena descritto per l’aterosclerosi, o l’esposizione prolungata a rumori forti / a musica troppo alta possono portare ad acufeni.

Possono inoltre essere una conseguenza di un’altra patologia, e quindi un sintomo, come accade nel neurinoma dell’acustico, nella sindrome di Ménière, nei tumori dell’orecchio od in seguito a traumi cranici.

Molti studi presenti in letteratura scientifica hanno identificato la coclea (porzione dell’orecchio interno) come origine dell’acufene in seguito ad un’alterazione dell’attività svolta dal sistema nervoso centrale, in assenza però di una problematica funzionale di tale organo.

L’osteopatia cura gli acufeni?

Si, ma è bene specificare prima una cosa: esistono degli acufeni definiti “miofasciali” in quanto variano in base a movimenti del collo, dell’atm (articolazione temporo-mandibolare) o dall’utilizzo della muscolatura masticatoria (vuoi approfondire la relazione tra bocca e postura? Leggi il mio articolo su malocclusione e postura!). In questo caso l’osteopatia può essere d’aiuto ed i risultati ottenuti in letteratura sono incoraggianti.

In tale circostanza l’osteopata manipolerà l’articolazione temporo-mandibolare sia da un punto di vista articolare che da un punto di vista di rilascio muscolare (inibizione dei muscoli masseteri, pterigoidei, temporali ecc…); inoltre verrà lavorata tutta la parte alta del corpo compresa la cervicale, la zona dei trapezi e dello stretto toracico, oltre ad un lavoro sui diaframmi per migliorare la circolazione ed il drenaggio dell’orecchio e ad eventuali tecniche craniali.

È più probabile che l’osteopata abbia successo quando la medicina tradizionale non ha riscontrato nulla nei vari esami ai quali è stato sottoposto il paziente.

Osteopatia ed acufeni: tecnica sulla mandibola

Nel caso in cui invece non si fosse in presenza di un acufene miofasciale, allora l’approccio sarebbe molto più complicato. L’osteopata può utilizzare un grande ventaglio di tecniche, anche craniche, su acufeni di origine centrale, però è bene specificare prima dell’eventuale presa in carico del paziente che non è detto che vi sia una risposta positiva al trattamento.

Risulta inoltre fondamentale, come praticamente in tutte le problematiche e quindi non solo per gli acufeni, una presa in carico a 360° con esercizi mirati ed educazione del paziente.

 

Sei alla ricerca di un osteopata a Milano? Sei interessato ai trattamenti osteopatia per adulti?

Contattami! Sono un osteopata diplomato che opera a Milano e Segrate.

Dolore pelvico cronico, vulvodinia ed osteopatia

Soffri di dolore nella parte bassa dell’addome e/o nel bacino? Potrebbe essere un dolore pelvico cronico e se sei qui è probabile che tu abbia sentito dire che l’osteopatia può essere una terapia efficace…è realmente così? Scopriamolo insieme!

Che cosa si intende per dolore pelvico cronico?

Il dolore pelvico cronico viene definito come un dolore continuativo od intermittente, presente da almeno tre mesi, nella parte bassa dell’addome e del bacino.

Si è soliti associare tale dolore al ciclo mestruale nelle donne o anche al periodo della gravidanza (osteopatia in gravidanza), ma in realtà il discorso è molto più complesso di quanto siano le credenze della popolazione a riguardo.

Come spesso accade quando si deve approcciare il dolore cronico in generale, bisogna tener presente come la maggior parte delle volte non sia possibile individuare una singola causa! E’ proprio questo che rende tale tipologia di dolore più complicato rispetto ad un classico dolore acuto come ad esempio una distorsione di caviglia!

Vorresti approfondire i vari aspetti che costituiscono il dolore cronico? Leggi il mio articolo su dolore cronico ed osteopatia!

Quali sono le cause e quanto è comune il dolore pelvico cronico?

Se come abbiamo visto prima, le cause sono difficili da individuare, è però buona cosa focalizzarsi su una serie di patologie che spesso risultano coesistere tra loro e che sono in relazione col dolore pelvico cronico, quali:

  • Cistite (infiammazione della vescica)
  • Endometriosi
  • Sindrome del colon irritabile
  • Nevralgia del pudendo
  • Fattori psicologici
  • Vulvodinia

 

E’ quindi bene sottolineare come il dolore pelvico cronico possa dipendere da diversi apparati quali l’apparato urinario, il gastrointestinale, il neurologico, l’endocrino piuttosto che il muscoloscheletrico.

Andiamo ad approfondire una delle patologie più frequenti legate al dolore pelvico cronico, ovvero la vulvodinia.

Che cos’è la vulvodinia?

La vulvodinia è una patologia che colpisce le donne e che si manifesta sotto forma di bruciore, prurito e dolore nella zona della vagina e della vulva, in assenza di alcun segno o lesione visibile che possa determinarne la presenza.

Inoltre, purtroppo, può avere un effetto molto serio sulla vita di coppia in quanto la donna può incorrere in una difficoltà, o addirittura incapacità, nell’avere rapporti sessuali per il dolore (spesso è il medico che consiglia un periodo di astinenza dall’attività sessuale); oltre ad avere un risvolto negativo anche nella sfera sociale e lavorativa.

Colpisce una grossa fetta di popolazione femminile in quanto la percentuale si attesta intorno al 10% – 15% e ne possono soffrire donne di tutte le età, dall’adolescenza alla menopausa.

E’ molto probabile che alla base di tale patologia vi sia una ipereccitabilità dei neuroni presenti in prossimità della vagina, il che porterebbe tali neuroni ad attivarsi anche in una condizione di minor quantità di stimoli, come se le terminazioni nervose fossero in un continuo stato di vigilanza.

Oltre ad un discorso neurologico, è però bene sottolineare come abbia un’importanza fondamentale nella genesi di tale patologia anche una problematica muscoloscheletrica, ovvero la contrattura della muscolatura del pavimento pelvico.

L’Osteopata può curare la vulvodinia?

 

Prima di approcciare il discorso legato al trattamento osteopatico è bene considerare la terapia standard che prevede, per la neuropatia, dei farmaci utili a ridurre l’eccitabilità dei neuroni sensitivi presenti in prossimità di vagina  e vulva, magari in associazione a delle terapie fisioterapiche quali le tens per migliorare la propriocettività della muscolatura del pavimento pelvico, ovvero la capacità di contrarre e di rilassare volontariamente la muscolatura.

L’osteopatia può invece essere utile per agire direttamente sulla contrattura presente a livello del pavimento pelvico, sia con tecniche mirate al rilascio di eventuali trigger points, sia con un rilascio della parte inerente il perineo (zona tra vulva ed ano).

E’ bene ricordare come tutta la muscolatura del pavimento pelvico sia in relazione alle anche ed è quindi molto interessante, sempre da un punto di vista osteopatico, valutare ed eventualmente manipolare tali articolazioni. Inoltre, rifacendoci alle patologie elencate sopra in relazione al dolore pelvico cronico, non sono da escludere delle manipolazioni viscerali a livello di piccolo bacino per mobilizzare le aree in relazione a vescica, utero, ovaie, retto e tutta la componente fasciale che collega tali visceri al sacro.

Infine, essendo il pavimento pelvico considerato un diaframma, è fondamentale valutare anche la meccanica del diaframma toracico poiché le due strutture, per non creare problemi e sovraccarichi, devono lavorare in sintonia.

Risulta, in ultimo, utile considerare l’esecuzione di tecniche di automassaggio da effettuare a casa per poter mantenere costante i progressi raggiunti da un punto di vista muscoloscheletrico.

 

Ti aspetto nel mio studio di Osteopata a Segrate o Milano per un consulto! Contattami per un appuntamento!