Novità e cosa c’è da sapere sul mondo dell’Osteopatia.

Mal di schiena e psoas: benefici dell’osteopatia

Chiunque, almeno una volta nella vita, ha sofferto di mal di schiena lombare! La sintomatologia può essere più o meno acuta e può arrivare fino al cosiddetto colpo della strega (blocco acuto lombare). Una delle cause può essere imputabile al muscolo psoas (ileopsoas). Andiamo a scoprire quali possano essere i benefici dell’osteopatia!

Anatomia e biomeccanica dello psoas

Prima di approfondire l’approccio osteopatico è bene fare un brevissimo cenno anatomico di tale muscolo e studiarne i sintomi.

Lo psoas origina a livello dell’ultima vertebra toracica (D12) e dalle prime 4 vertebre della colonna lombare (L1-L2-L3-L4), oltre che dai processi costiformi lombari e dai dischi intervertebrali e va quindi ad inserirsi sul piccolo trocantere del femore. Inoltre, tale muscolo si fonde col muscolo iliaco, che origina dalla faccia interna dell’osso iliaco del bacino, ed insieme vanno a formare il muscolo ileo-psoas.

Lo psoas può mobilizzare sia il tronco che l’anca, nello specifico:

-flette ed inclina lateralmente il tronco, oltre a ruotarlo dalla parte opposta

– flette, ruota esternamente ed adduce l’anca

Quali sono i sintomi da psoas?

Lo psoas può andare incontro ad infiammazione quando il muscolo risulta essere teso e contratto; essendo un muscolo posturale, capita spesso di trovare delle retrazioni del muscolo stesso. Infatti ne soffrono maggiormente le persone con un lavoro sedentario che stanno sedute gran parte della giornata, ma anche sportivi quali i runner ed i calciatori (vuoi approfondire la pubalgia? Leggi il mio articolo su pubalgia ed osteopatia!).

I sintomi da psoas sono dolori lungo la colonna vertebrale lombare, o lombalgia, che possono irradiare nella zona sacrale, a livello dell’articolazione sacro-iliaca, ma ancor di più nella zona inguinale dove vi è l’inserzione sul femore.

Spesso, quindi, un suo accorciamento può essere confuso con un’ernia inguinale piuttosto che con una problematica di ernia o protrusione a livello della prima o seconda vertebra lombare.

Come disinfiammare lo psoas con l’osteopatia?

L’osteopatia può essere molto utile in caso di psoas infiammato, in quanto con la terapia manuale è possibile palpare nella cavità addominale il muscolo stesso e quindi rilasciarlo con delle semplici tecniche di inibizione; oppure, tra le tecniche maggiormente utilizzate, vi è lo stretching dello psoas che può essere effettuato dall’osteopata in maniera classica passiva, ma anche come tecnica di energia muscolare in cui viene chiesta una collaborazione del paziente sotto forma di spinta in flessione della gamba.

Una volta approcciato direttamente lo psoas è possibile integrare il trattamento con delle manipolazioni della colonna lombare e dell’anca, visti gli stretti rapporti tra lo psoas e le zona appena nominate.

Inoltre, lo psoas ha una relazione molto stretta col muscolo diaframma che è fondamentale per la respirazione; quindi una manipolazione dello psoas può essere inserita in un contesto più ampio di respirazione e di postura, essendo il diaframma il muscolo posturale per eccellenza!

Non va poi trascurato l’aspetto riguardante la meccanica degli arti inferiori, poiché delle disfunzioni a livello di piede e/o ginocchio possono portare in sovraccarico l’anca e quindi lo psoas stesso.

 

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Lo scrocchio delle ossa nell’osteopatia: il punto di vista del paziente

Hai un dolore e ti hanno consigliato un ciclo di osteopatia, ma non sai di cosa si tratta? Probabilmente ti sei informato su internet e hai visto che l’osteopata scrocchia le ossa!

Internet è pieno di video di colleghi che fanno crick crack alle ossa e da questo può sembrare che basti una manipolazione per porre rimedio ad un dolore magari cronico, ma non è così!

Se vuoi scoprire perché vengono effettuate queste tecniche ti consiglio di approfondire l’argomento leggendo l’articolo perché l’osteopata scrocchia le ossa.

Ora però andiamo a scoprire cosa dice la letteratura scientifica in merito alle credenze del paziente riguardo al crack vertebrale ed al relativo pop sound!

Che cosa pensa il paziente del crack vertebrale?

Lo studio preso in considerazione ha riportato come le credenze del paziente riguardo al crack vertebrale non siano in linea con quanto affermato dalla letteratura: spesso, infatti, il soggetto preso in carico dall’osteopata pensa che la manipolazione vertebrale serva per riallineare le ossa e che il crack sia sinonimo di buona riuscita della tecnica e quindi di corretto riposizionamento…ma non funziona proprio così!

Come indicato dalla tabella sottostante, i pazienti pensano che il crack vertebrale serva a:

  • Ridurre la sintomatologia dolorosa
  • Ristabilire una corretta mobilità del segmento
  • Riallineare le ossa
  • Rilasciare la muscolatura
  • Rompere le adesioni (punti di maggior tensione) fasciali
  • Riposizionare il disco intervertebrale
  • Rilassare il nervo
  • Riposizionare correttamente la cartilagine presente all’interno dell’articolazione
  • Rilasciare la componente legamentosa dell’articolazione
  • Oppure, in un 30% dei casi, non è stata data nessuna opinione a riguardo

Che cosa può fare l’osteopata per far capire al paziente lo scopo della manipolazione?

La risposta potrà sembrare scontata in quanto è fondamentale che l’osteopata spieghi al paziente cosa sta facendo e che cosa vuole ottenere dalla manipolazione, ancora meglio se quanto detto è basato sulla letteratura scientifica; questo perché c’è differenza dall’esporre un concetto basato sulla scientificità (sia chiaro, quello che è corretto oggi in letteratura non è detto che lo sia tra 10 anni) o basato sulla credenza dell’osteopata stesso!

Detto ciò, risulta comunque difficile scardinare le credenze del paziente e non sempre ci si riesce; un esempio lampante è quello basato sul famosissimo nervo accavallato che non esiste, ma nonostante si spieghi al paziente che quello che sente non è altro che una tensione muscolare, lui spesso continuerà a pensare all’accavallamento del nervo (se vuoi approfondire l’argomento leggi il mio articolo sul nervo accavallato!).

 

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ARTROSI DELL’ANCA ED OSTEOPATIA

L’artrosi dell’anca è una delle problematiche maggiormente riscontrabili in uno studio di osteopatia, ma anche di ortopedia.

Spesso i pazienti sentono parlare di coxartrosi, però poi non sono ben consapevoli di cosa si tratti ed è per questo che andremo ad approfondire l’argomento nei paragrafi successivi!

Prima di focalizzarci sull’anca andiamo a vedere cosa si intende in generale con il termine artrosi, in modo tale da approfondire i concetti che stanno alla base dell’alterazione articolare, indipendentemente dall’articolazione colpita.

Che cos’è l’artrosi?

Con il termine artrosi si intende una problematica in cui la cartilagine articolare si usura con conseguente avvicinamento dei capi ossei articolari e riduzione della mobilità articolare (se vuoi approfondire l’argomento leggi il mio articolo su artrosi ed osteopatia!).

Cosa si intende per coxartrosi?

Il termine coxartrosi indica semplicemente artrosi a livello dell’articolazione coxo-femorale, ovvero dell’anca. In questo contesto si viene quindi ad usurare la cartilagine presente sia sulla testa del femore che sull’acetabolo (porzione di bacino che ospita la testa del femore per andare a formare l’articolazione dell’anca).

Quali sono i segni e sintomi della coxartrosi?

Normalmente, in caso di artrosi all’anca, si vanno a perdere in primis i movimenti più grossi che l’anca svolge, ovvero la flessione di anca, l’extra rotazione di anca e l’abduzione di anca. Con il progredire della sintomatologia si possono poi perdere anche i parametri di intra rotazione di anca, piuttosto che di estensione o adduzione di anca.

Non sempre si riducono per primi i movimenti maggiori.

Oltre ad una riduzione del range di mobilità dell’articolazione, il paziente può riferire dolore spesso localizzato in zona inguinale e/o a livello del gluteo; nei casi più estremi il dolore può arrivare fino alla parte interna di ginocchio.

L’osteopatia può essere utile in caso di coxartrosi?

L’osteopatia può essere utile in quanto lo scopo del trattamento osteopatico in caso di artrosi in generale è quello di cercare di ridare un po’ di mobilità e funzionalità all’articolazione stessa e di ridurre la tensione della muscolatura articolare (nel caso dell’anca sicuramente la muscolatura glutea ed il piriforme, oltrechè gli adduttori di anca). Per fare ciò l’osteopata potrà avvalersi di uno strumento molto efficace per aumentare lo spazio articolare quale l’utilizzo di cinghie come indicato nelle tecniche Mulligan.

Inoltre l’osteopata andrà ad integrare il trattamento specifico sull’anca con una valutazione e quindi manipolazione del tratto lombare e del bacino, essendo le tre aree funzionalmente correlate.

Vi sono però casi troppo conclamati in cui è bene effettuare una visita da uno specialista, vedi l’ortopedico, che valuterà o meno l’inserimento di una protesi.

 

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Cosa cura l’osteopatia?

Riuscire a definire cosa cura l’osteopatia è sicuramente un qualcosa di complesso, quindi è interessante prima fare un passo indietro per andare ad analizzare bene il termine osteopatia, parola derivante dal greco, che letteralmente può essere suddivisa in due parti:  “osteon” che significa osso e “pàthos” che significa sofferenza.

Questo porta la maggior parte delle persone ad indicare l’osteopata come il terapista che cura le ossa!

Ma non è proprio così!

Di cosa si occupa l’osteopatia?

Sarebbe riduttivo definire l’osteopata come lo “scrocchia ossa” (vuoi approfondire l’argomento? Leggi il mio articolo sul perchè l’osteopata scrocchia le ossa!, in quanto in Italia è in vigore il riconoscimento sanitario di tale professione.

L’osteopatia è una disciplina facente parte delle medicine complementari che si avvale di un approccio manuale non sintomatico per la diagnosi, la gestione ed il trattamento manuale di pazienti di tutte le età, dal neonato all’anziano.

Nello specifico l’osteopatia si occupa nella maggior parte dei casi di problematiche muscolo-scheletriche in associazione ad alterazioni funzionali dei visceri ed alla sfera cranio-sacrale.

Tra i disturbi maggiormente presi in carico dall’osteopata troviamo sicuramente:

Quale approccio utilizza l’osteopata?

Le modalità di intervento sono altamente soggettive da operatore a operatore e dal paziente che si trova sul lettino; detto ciò è bene sottolineare come esistano 4 grosse categorie di approccio osteopatico, ovvero:

  • Osteopatia strutturale

Tecniche volte al rilasciamento di muscoli ed articolazioni

  • Osteopatia viscerale

Tecniche volte alla mobilizzazione di un’area in cui è presente un viscere come ad esempio lo stomaco per problematiche di reflusso gastro-esofageo, l’intestino per problematiche nello scaricarsi.

  • Osteopatia fasciale

Tecniche volte al rilascio della struttura miofasciale, in stretta relazione con la componente strutturale

  • Osteopatia cranio-sacrale

Tecniche volte al rilascio di strutture importanti quali le meningi, alla mobilizzazione di articolazioni quali l’articolazione temporo-mandibolare o al ripristino della corretta funzionalità di nervi quali il nervo trigemino o nervo vago.

 

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Rizoartrosi ed osteopatia

Soffri di un dolore alla base del pollice che ti rende difficile effettuare movimenti fini quotidiani? Potrebbe essere l’artrosi dell’articolazione trapezio – metacarpale o rizoartrosi!

Tale articolazione è molto importante perché permette al pollice di svolgere il movimento di opposizione rispetto alle altre dita della mano; risulta quindi fondamentale cercare di ridare mobilità a questa articolazione e l’osteopatia può fare al caso tuo!

Qualora non fossi a conoscenza di cosa è l’artrosi, devi sapere che è un fenomeno che va a colpire e lesionare la cartilagine articolare. Se vuoi approfondire l’argomento leggi il mio articolo Artrosi e osteopatia!

Perché la rizoartrosi crea dolore?

A livello dell’articolazione trapezio-metacarpale si crea un fenomeno di infiammazione cronica che può dipendere da vari fattori quali la genetica, l’età avanzata, un sovraccarico funzionale…si parla quindi di eziologia multifattoriale.

Tale infiammazione porta alle lesione, nel tempo, della cartilagine articolare e questo fa si che i capi ossei si avvicinino, andando a ridurre proprio lo spazio articolare e creando una sorta di conflitto proprio all’interno dell’articolazione stessa.

Quali sono i sintomi della rizoartrosi?

Come conseguenza di tale patologia avremo sintomi quali:

  • dolore (o anche un semplice indolenzimento) alla base del pollice,
  • rigidità articolare,
  • gonfiore alla base del pollice,
  • eventuali rumori articolari quali crick crack,
  • difficoltà nel compiere anche i più semplici movimenti quali aprire una bottiglia, utilizzare il mouse…

L’osteopatia può essere utile in caso di rizoartrosi?

Sicuramente si, ma prima di entrare nello specifico del trattamento, bisogna ricordare come l’artrosi in generale sia un fenomeno degenerativo del tutto fisiologico che peggiora con l’avanzare dell’età; non è sicuramente un ciclo di sedute dall’osteopata che va a ridurre l’artrosi! In realtà non esiste nessun trattamento, ad oggi, capace di ridurre l’artrosi.

Però è importante sottolineare come l’osteopata, con tecniche di mobilizzazione articolare ed un lavoro sulle catene miofasciali dell’arto superiore, possa portare ad un netto miglioramento della sintomatologia! Questo perché, lo scopo del trattamento, è proprio quello di ridare mobilità ad un’articolazione che l’ha persa. Il ridare mobilità, associato a delle tecniche in trazione per cercare di aumentare lo spazio articolare, fa si che la rigidità diminuisca e che il soggetto affetto da tale patologia possa riprendere ad utilizzare la mano come prima.

In rari casi si opta per un intervento chirurgico.

 

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Sciatica: può essere utile l’osteopatia?

Soffri di un dolore lombare che irradia nella zona glutea, magari posteriormente alla coscia o anche a livello di polpaccio e piede e pensi di avere la sciatica?

Molto probabilmente ti è stato detto da conoscenti che un dolore lungo l’arto inferiore potrebbe essere imputabile proprio ad una sciatica e verosimilmente qualcuno ti ha consigliato di effettuare un ciclo di osteopatia.

Se fosse realmente così ti piacerebbe sapere se possa esserti d’aiuto? Molto probabilmente si, ma bisogna prima andare ad illustrare bene cosa si intende con il termine sciatica (o nervo sciatico infiammato), in quanto non tutte le sciatiche sono uguali ed alcune necessitano di un intervento che va al di là delle capacità dell’osteopata!

Che cos’è la sciatica?

La sciatica è l’infiammazione del nervo sciatico, il nervo più grosso del corpo umano che origina a livello della colonna lombo-sacrale e più precisamente dalle vertebre L4-L5-S1-S2, dovuta ad una compressione di una o più radici dello stesso in prossimità della colonna vertebrale.

Normalmente la causa più comune di infiammazione del nervo sciatico (o nervo ischiatico) risulta essere una problematica a livello del disco intervertebrale come una protrusione o un’ernia discale. Tra le altre cause possiamo trovare sicuramente una riduzione dei forami di coniugazione (stenosi del canale) da cui escono le radici nervose che vanno poi a formare lo sciatico, spesso come conseguenza di un fenomeno di artrosi o di scivolamento vertebrale quale la spondilolistesi. Oppure si può creare una compressione del nervo nel passaggio in prossimità del muscolo piriforme (non sai di cosa sto parlando? Leggi il mio articolo su piriforme ed osteopatia!).

Quali sono i sintomi di un’infiammazione al nervo sciatico?

Normalmente la lombo-sciatalgia si presenta come un dolore acuto, monolaterale, simile ad una scossa che prende la gamba. In base alla gravità può interessare tutta la gamba, oppure “solo” il gluteo, la coscia posteriormente, la parte esterna di gamba sotto al ginocchio e/o il piede. Non sempre però è presente in associazione il dolore lombare.

A seconda dell’infiammazione, e quindi della gravità, il paziente può avere addirittura difficoltà a dormire la notte, difficoltà nello scaricarsi e nello svolgere la routine quotidiana.

Nei casi più estremi è utile effettuare una visita dal neurochirurgo che valuterà o meno l’ipotesi dell’intervento chirurgico.

Quali sono le cause che portano a soffrire di sciatica?

Le posizioni mantenute, quali ad esempio la posizione seduta al pc , possono portare ad un sovraccarico dei dischi intervertebrali della colonna con eventuale interessamento del nervo; altrimenti persone che sollevano spesso pesi importanti, le persone obese o lavoratori sottoposti a forti sollecitazioni vibratorie.

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Che cosa fa l’osteopata in caso di sciatica?

In primis va effettuata un’anamnesi accurata durante la quale l’osteopata andrà ad effettuare una serie di domande per capire bene se il paziente che ha di fronte soffra realmente di una infiammazione del nervo sciatico, oppure se il dolore irradiato all’arto inferiore possa essere di altra natura come ad esempio una sacro-ileite piuttosto che una problematica legata all’articolazione dell’anca…le cause di dolore irradiato agli arti inferiori sono molteplici, quindi non sempre il paziente soffre di sciatica (all’incirca 1 su 10 pazienti con lombalgia soffre anche di sciatalgia). Non sai come funziona la prima seduta dall’osteopata? Leggi il mio articolo su come si svolge la prima visita osteopatica!

Quindi seguirà una parte di valutazione con palpazione e test, per poi arrivare al trattamento durante il quale verranno effettuate tecniche di mobilizzazione del bacino, della colonna lombare e degli arti inferiori, in associazione a rilascio miofasciale dei muscoli della colonna lombare ed eventualmente della gamba interessata.

 

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Osteopatia ed emicrania

Tra gli argomenti maggiormente ricercati su internet dai pazienti, e che nella mia pratica clinica di Osteopata a Milano mi coinvolge spesso, troviamo sicuramente il mal di testa ed in particolar modo l’emicrania.

Se ti ritrovi ora a leggere queste righe vuol dire che anche tu non sei a conoscenza di come possano classificarsi le cefalee ed in che modo eventualmente l’osteopata possa approcciarle!

Cefalea ed emicrania sono la stessa cosa?

Innanzitutto è bene specificare come la cefalea venga descritta come una sensazione dolorosa, circoscritta o diffusa, sporadica o continua interessante il capo; tale sintomatologia viene comunemente descritta come mal di testa.

L’emicrania, invece, risulta essere una sottocategoria delle cefalee.

Come vengono classificate le cefalee più comuni?

La classificazione riportata qui sotto è estremamente semplificativa, in quanto se prendessimo in considerazione quella fatta dall’International Headache Society (IHS) troveremmo ben 13 sottocategorie; ma non è questo il posto adatto per affrontare un argomento di tale complessità.

Quindi, in maniera estremamente semplificata, e basandomi appunto sulle tipologie di cefalea più comune, troviamo:

Emicrania con aurea e senza aurea

Cefalea di tipo tensivo episodica e cronica (vorresti approfondire l’argomento e capire se e come l’osteopatia e non solo possano essere utili in questo caso? Leggi il mio articolo che approfondisce quanto riportato in letteratura scientifica riguardo a Tecniche osteopatiche e cefalea!)

Cefalea a grappolo

Ora andiamo ad approfondire proprio le emicranie.

Che caratteristiche ha l’emicrania?

L’emicrania viene descritta come un dolore pulsante ed intenso che normalmente si presenta nella zona delle tempie e che colpisce di norma un solo lato del cranio, i cui sintomi possono perdurare dalle 4 alle 72 ore. Questo dolore può inibire o comunque ridurre le capacità funzionali del paziente, portando sicuramente ad un deficit di attenzione e difficoltà di concentramento che possono andare ad inficiare sia l’aspetto lavorativo sia quello familiare.

Il dolore è inoltre aggravato dall’attività fisica, anche solo quella di routine come il chinarsi od il salire le scale e può essere accompagnato da sintomi quali nausea, ipersensibilità alla luce, odori e suoni.

Nel 25% dei casi si può andare incontro all’emicrania con aura, ovvero emicrania in associazione a sintomi di tipo neurologico quali ad esempio piccoli punti neri nel campo visivo, intorpidimento di una metà del corpo, cambiamenti di umore, offuscamento visivo ecc. che normalmente si presentano prima dell’attacco di mal di testa, ma in alcuni casi anche dopo.

Quali sono le cause che portano a soffrire di emicrania?

Come è possibile immaginare, la risposta non è assolutamente semplice!

Però il meccanismo scatenante alla base dell’emicrania riguarda un fenomeno di vasocostrizione (riduzione del calibro dei vasi con riduzione del flusso sanguigno) seguita da una vasodilatazione (aumento del calibro dei vasi con conseguente aumento del flusso sanguigno) che porta al dolore ed ad una eccessiva stimolazione di strutture neurologiche quali il nervo trigemino (V nervo cranico) ed i nervi piccolo e grande occipitale responsabili a loro volta dell’innervazione dei vasi sanguigni all’interno del cranio stesso.

Ed i fattori scatenanti?

Tra questi ne troviamo alcuni legati alla dieta quali il vino rosso, il saltare un pasto, alimenti vari ed eventuali che però variano da persona a persona (la banana ad esempio), oppure la deprivazione di sonno, i cambiamenti climatici, il ciclo mestruale (fattori ormonali), lo stress in generale.

L’osteopatia è utile in caso di emicrania?

SI!

Prima però di affrontare tale argomento è bene specificare come i FANS (farmaci antiinfiammatori non steroidei) ed i triptani siano i farmaci usati più comunemente per alleviare il dolore emicranico.

A Firenze, in data 09-04-2016 si è tenuto un congresso da parte della Società Italiana di Psico Neuro Endocrino Immunologia (SIPNEI) in cui si è dimostrato come l’osteopatia abbia una buona efficacia nel trattamento delle  emicranie e soprattutto rarissime se non nulle controindicazioni, con una diminuzione degli episodi e dei livelli percepiti di dolore.

L’osteopata andrà sia a trattare la muscolatura sia a mobilizzare soprattutto i tratti cervicale e dorsale alto; ma anche il bacino ed il cranio nella zona occipitale con tecniche osteo-articolari quali i trhust vertebrali, le tecniche articolatorie piuttosto che tecniche fasciali e/o viscerali a seconda del paziente.

 

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Perchè dopo l’allenamento mi fanno male i muscoli?

Sei uno sportivo e noti spesso che dopo l’allenamento ti fanno male i muscoli?

Personalmente, quando giocavo a basket, avevo sempre male alle gambe e la risposta che l’allenatore mi dava era la seguente: è colpa dell’acido lattico!

Ma è veramente così? I dolori muscolari sono dovuti all’acido lattico?

Non proprio! In realtà questi dolori sono dovuti ai DOMS (delayed onset muscular soreness), ovvero quei dolori muscolari ad insorgenza ritardata, ai quali si può associare anche un certo grado di rigidità muscolare.

Facciamo però un passo indietro e vediamo che cos’è l’acido lattico e perché era l’ipotesi più in voga negli anni precedenti!

Che cos’è l’acido lattico?

L’acido lattico è semplicemente una sostanza di scarto derivante dall’attività anaerobica del muscolo ed inizialmente si pensava che la sua produzione continuasse anche dopo lo sforzo muscolare, con un conseguente accumulo nel muscolo stesso.

In realtà, più studi hanno dimostrato che l’acido lattico torna a livelli normali entro un’ora dalla fine dell’esercizio fisico.

Ma quindi perché soffro di dolori muscolari dopo esser andato in palestra?

Come accennato prima la causa è imputabile ai DOMS. Questi sono dolori sordi presenti nei muscoli interessati dalla sforzo fisico, ai quali si può associare un aumento della sintomatologia in seguito a palpazione, stretching o contrazione. Presentano un picco della sintomatologia nelle 24 ore successive allo sforzo e tale dolore può protrarsi anche alle 72 ore successive (non è però così raro trovare dei soggetti che ne soffrono anche a distanza di una settimana).

Quali sono le cause dei DOMS?

Vi sono varie teorie, tra le quali le più importanti sono:

  • Teoria dei microtraumi, in cui si pensa che la causa possa essere legata a danni microscopici a livello delle fibre muscolari (molto utili nei body builder per creare ipertrofia e quindi un aumento della massa muscolare), spesso maggiormente presenti a seguito di un allenamento eccentrico e non tanto in seguito a contrazione concentrica e/o isometrica. Tali microtraumi vanno poi ad innescare i recettori del dolore (nocicettori) all’interno del muscolo.
  • Teoria dell’efflusso enzimatico, dovuto ad un aumento del calcio (Ca++) all’interno dei muscoli danneggiati con conseguente attivazione di enzimi quali la fosfolipasi e proteasi che vanno a “tagliare” le proteine muscolari, con conseguente infiammazione.
  • Teoria dell’acido lattico analizzata prima

Ma quindi a cosa servono i DOMS?

Sembrano funzionare come dei segnali di avvertimento per la prevenzione di eventuali danni.

I DOMS si possono evitare?

Probabilmente il termine “evitare” non risulta essere corretto, ma è possibile ridurre questo fenomeno attuando un programma di allenamento progressivo.

L’osteopatia è utile in caso di DOMS?

Nelle prime 24 sarebbero da evitare sia il massaggio profondo dei tessuti che un eccessivo stiramento del muscolo interessato. Eventualmente potrebbe risultare interessante il trattamento osteopatico nei giorni successivi! Ma il trattamento più efficace risulta essere l’allenamento progressivo come indicato sopra.

 

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Qual è la differenza tra osteopata e fisioterapista?

Capita abbastanza spesso nel mio studio che il paziente mi chieda “qual è la differenza tra osteopata e fisioterapista”?

Questo perché l’osteopata ed il fisioterapista possono avere dei punti in comuni che non fanno altro che confondere il paziente, anche se in realtà gli ambiti professionali rimangono distinti!

Infatti, tutte e due, hanno come scopo il recupero ed il mantenimento delle migliori condizioni di salute che permettano al paziente si svolgere le proprie attività quotidiane nel migliore dei modi.

Andiamo a scoprire quindi quali sono le differenze tra osteopata e fisioterapista!

OSTEOPATA

L’osteopata è un professionista non ancora sanitario (vuoi scoprire le ultime news? Leggi il mio articolo sull’osteopatia professione sanitaria!) che si avvale di un approccio causale e non sintomatico, in quanto non si focalizza solo sulla zona del dolore ma approccia l’individuo nella sua globalità. Il suo scopo è quello di ripristinare la corretta omeostasi corporea (mantenimento di un equilibrio) andando a stimolare i processi di autoregolazione ed autoguarigione presenti nel corpo.

Inoltre l’osteopata ha un solo strumento per intervenire sul paziente: le sue mani! Non utilizza infatti macchinari per i suoi trattamenti, l’approccio è esclusivamente manuale e va a coprire diversi ambiti tra cui quello strutturale (articolazioni, muscoli…), viscerale, fasciale e craniale.

Nel percorso di regolamentazione dell’osteopatia in Italia è utile concentrarsi sulla definizione del profilo professionale dell’osteopata, in quanto l’osteopatia è stata inquadrata all’interno dell’area della prevenzione.

Questo è molto importante in quanto fu proprio il fondatore dell’osteopatia, il Dottor Andrew Taylor Still, ad inquadrare l’osteopatia da un punto di vista preventivo, cosa che purtroppo si è un po’ persa. Tale approccio riesce ad inserirsi perfettamente in contesti specifici quali quello muscolo-scheletrico, il pediatrico, lo sportivo, il posturale in generale e nella donna in gravidanza (vuoi approfondire come l’osteopata approccia la donna in gravidanza? Leggi il mio articolo su osteopatia,gravidanza e post partum!).

 

FISIOTERAPISTA

Il decreto ministeriale del 1994 definisce il fisioterapista come “operatore sanitario, in possesso del diploma universitario abilitante, che svolge in via autonoma, o in collaborazione   con   altre figure sanitarie, gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione nelle aree della motricità, delle funzioni corticali superiori, e di quelle viscerali conseguenti a eventi patologici, a varia eziologia, congenita od acquisita”.

Molto spesso il lavoro del fisioterapista è orientato alla cura della sintomatologia conseguente a trauma o ad intervento chirurgico con un approccio locale, mediante o meno l’utilizzo di macchinari quali tecar, tens, ionoforesi, magnetoterapia, laser…

Non è raro trovare un fisioterapista, che dopo aver conseguito la laurea triennale in fisioterapia, voglia approfondire l’aspetto della terapia manuale e che quindi si iscriva ad un corso di osteopatia.

Osteopata e fisioterapista possono collaborare?

Assolutamente si! Il lavoro multidisciplinare è la chiave per una corretta presa in carico del paziente.

Ti aspetto nel mio studio di Osteopata a Segrate o Milano per un consulto! Contattami per un appuntamento!

 

Osteopatia e Piriforme

Uno degli argomenti maggiormente ricercati dai pazienti su internet e che, nella mia esperienza di Osteopata a Milano mi coinvolge frequentemente, riguarda la cosiddetta sindrome del piriforme in relazione ad un’eventuale sciatica.

Il muscolo piriforme è un piccolo muscolo presente nella regione glutea avente forma triangolare che unisce la faccia anteriore dell’osso sacro al femore sul grande trocantere.

Che cosa si intende per sindrome del piriforme?

La sindrome del piriforme è una condizione neuromuscolare caratterizzata dalla compressione del nervo sciatico (o ischiatico) in zona glutea, con sintomi simili ad altre condizioni quali ernia o protrusione discale che vanno a comprimere la radice nervosa a livello della colonna lombare (è però importante precisare che questa sindrome non si riferisce a problemi legati alla colonna lombare).

Quali sono i sintomi de la sindrome del piriforme?

I sintomi possono essere dolore, formicolio od una sensazione di intorpidimento che coinvolge la parte inferiore del corpo e percorre la gamba, irradiandosi dal gluteo fino al piede.

Il dolore può peggiorare durante lo svolgimento di attività quotidiane come salire le scale, camminare, correre oppure mantenere una posizione seduta per lunghi periodi di tempo.

Si stima che almeno il 6% dei pazienti con diagnosi di lombalgia abbia in realtà la sindrome del piriforme (leggi l’articolo sul L’Osteopata e il dolore alla parte bassa della schiena!)

La sindrome del piriforme si verifica più frequentemente durante la quarta e la quinta decade di vita e colpisce persone di tutte le professioni e attività; è più comune nelle donne rispetto agli uomini.

 

 

Quali sono le cause di una sindrome del piriforme?

In primis, tra le cause maggiormente implicate, troviamo un accorciamento del muscolo stesso conseguente a traumi a livello della natica, dell’anca o della parte bassa della colonna vertebrale.

Sport quali il ciclismo o il canottaggio possono creare un sovraccarico muscolare a seguito della posizione mantenuta durante lo svolgimento dell’attività sportiva, così come l’utilizzo del portafoglio nella tasca posteriore dei pantaloni può creare una compressione nella zona glutea.

Infine, un argomento molto dibattuto in ambito scientifico, riguarda le varianti anatomiche del piriforme in relazione al nervo sciatico. Come è possibile vedere dalla figura sottostante, il nervo sciatico normalmente passa dietro al piriforme, ma in percentuali più basse può passarvi attraverso.

 

Che cosa può fare l’osteopata con la sindrome del piriforme?

Innanzitutto la valutazione di tale sindrome richiede sia un’approfondita storia neurologica che una valutazione fisica del paziente.

L’osteopatia può rappresentare un valido aiuto per la gestione della sindrome del piriforme.

Lo scopo del trattamento osteopatico consiste nel ripristinare la corretta mobilità articolare e la riduzione del dolore; questo può essere fatto utilizzando:

  • tecniche indirette di counterstrain (in cui si vanno a manipolare determinati punti a livello muscolare definiti tender point)
  • tecniche dirette quali stretching del piriforme, rinforzo dei muscoli antagonisti (adduttori), manipolazioni ad alta velocità/tecniche articolatorie/tecniche ad energia muscolare a livello sacrale e/o sacro/iliaco, inibizione dei tessuti molli.

Il tutto inquadrato sempre in un discorso generale di miglioramento dei carichi e della postura, in modo tale da evitare recidive.

Hai bisogno di aiuto? Prendi un appuntamento in uno dei miei ambulatori di osteopatia a Segrate o Milano.